Con queste parole Astrakan, la vecchia sciamana, congedò Kimimela Sanuye, che sapeva di non poter perdere altro tempo in domande che sarebbero comunque rimaste senza risposta. Partì nella direzione indicata dalla vecchia saggia, senz'altro bagaglio che una borraccia scavata in una zucca che portava a tracolla."Corri, va ! È giunto il momento !
"Esci dalla tenda famigliare, e dirigiti verso il fiume argentato, oltre le colline ambrate troverai il Sacro Monte. Accampati sul punto più alto, quello più vicino agli astri. Aspetta la notte in silenzio. Riposa il tuo corpo. Assapora il tramonto, sentendo il suo calore scorrere nelle tue vene. Ascolta il regno animale cantare la sua sinfonia, in armonia con il canto del mondo vegetale ed entra in simbiosi con esso. Resta immobile ma rilassata, non cadere in preda alla paura, resta ancora in silenzio, resisti all'impulso di manifestare la natura dell'essere umano. Trattienila e dimora nella natura selvaggia. Resisti e dimora all'ascolto.
"Se riuscirai in questo intento, la Bianca Luna ti porterà il Dono, è prezioso ed è tuo, ne sei destinata sin dalla tua nascita. Ma attenta, non per questo ti sarà facile ottenerlo ! Sarà tuo solo se supererai questa ultima prova.
"Ora va, non c'è tempo da perdere ! Va, e torna con il Dono. Il popolo ha bisogno di te."
Kimimela Sanuye è rimasta orfana sin dalla nascita : sua madre morì dandola alla luce e suo padre perse la vita, qualche mese più tardi, in una feroce battaglia in cui perirono molti uomini coraggiosi. Da quel giorno la neonata fu affidata alle cure di Astrakan, la sciamana del popolo delle Stelle, che riconobbe in lei il seme del Dono. Il modo in cui era venuta al mondo era una delle tante prove che quella creatura avrebbe dovuto superare per poter compiere il suo destino.
Fino all'età di sei anni, Kimimela Sanuye non pronunciò una parola. Il voto di silenzio per i primi sei anni di vita era uno dei passaggi obbligatori.
Per darle la possibilità di riuscire in questo intento, malgrado l'inconsapevolezza e la natura comunicativa dell'essere umano, Kimimela Sanuye crebbe nel silenzio. Nessuno le parlò mai, nessuno pronunciò mai un solo suono in sua presenza. Kimimela Sanuye rimase così in un limbo in cui non esisteva la comunicazione verbale, come se l'unico rumore fosse quello inarrestabile e selvaggio del mondo che la circondava. In questo modo, Kimimela Sanuye non parlava, non si lamentava, non chiamava, non chiedeva, non piangeva, non rideva, non cantava... come se queste funzioni non facessero parte del repertorio dell'essere umano. Non ne conosceva l'esistenza e per tanto non le utilizzava.Questo passaggio era fondamentale per irrobustire il suo carattere e la sua anima, ma anche per affinare il suo udito a percepire voci che non sono più di questo mondo.
Nel suo silenzio Kimimela Sanuye veniva cullata dal canto degli uccelli, dello scrosciare delle foglie nel vento e dall'impeto dell'acqua nel torrente. Sentiva il suo cuore battere lo stesso ritmo degli zoccoli dei bufali nella prateria e dei cavalli al galoppo. Percepiva le vibrazioni della terra e l'ululato lontano del lupo solitario. Ma udiva anche la voce di sua madre che le parlava e cantava, come un eco lontano di quando era nel suo grembo a nutrirsi della sua essenza. Quella voce accompagnava le sue giornate in una dolce melodia, mentre l'eco grave delle parole di suo padre la rassicuravano, promettendole di non abbandonarla mai.Si sentiva sicura, così ancorata al presente, senza possibilità di farsi domande sul passato e sul futuro.In questo modo, Kimimela Sanuye ha imparato a percepire ogni cosa, qualsiasi variazione sonora, scricchiolio di foglie, cambiamento di direzione del vento, i suoni non avevano più segreti per lei. Poteva udire tutte le vibrazioni che le veniva dal mondo dei vivi e dal mondo dei morti. Ma non aveva ancora la capacità di distinguerli.
Il giorno dei suoi sei anni, Astrakan le fece il dono della parola, pronunciando il suo nome per la prima volta.
"Kimimela ! Leggiadra come una farfalla. Sanuye ! Eterea e immateriale ma vivace come una nuvola rossa al tramonto. Kimimela Sanuye ben venuta al mondo ! Ti accogliamo con reverenza. A partire da oggi avrai il dono della parola. Hai superato la prova.
"Altre prove ti attendono per affinare il tuo addestramento. Non hai tempo per adagiarti su ciò che hai acquisito fino qui. Verrà il giorno, solo questo posso dirti."
Kimimela Sanuye imparò a parlare in breve tempo.
Amava il suono delle parole pronunciate : come rotolavano in bocca, come si scontravano sui denti e sul palato, provava piacere a sentirle uscire dalle sue labbra e si sorprendeva vedendo l'effetto che ognuna di esse aveva sul modo che la circondava. Ogni rumore, ogni suono, ogni parola erano materia viva da esplorare, un mondo nuovo al quale aveva accesso in un età in cui la scoperta e l'esperienza non lascia spazio alla banalità.
Poi c'erano le parole ascoltate. Lei le percepiva tutte come entità separate, una ad una le entravano da tutti i pori della pelle e le scorrevano nel sangue fino ad adagiarsi, ognuna in un posto diverso del suo corpo, con un'autentica precisione.
C'erano le parole che andavano dritte a rintanarsi nel cuore, accanto a quell'animaletto vivo che sentiva scalpitare al centro del suo petto. Da sempre aveva creduto che fosse la sede della sua anima, il suo vero io, il suo vero se, colui che governava tutto il suo essere. Poi c'erano le parole che scorrevano lisce e si intrufolavano, avvolte sparse avvolte raggruppate, nelle pieghe del suo ventre, o all'incavo dei suoi gomiti. Altre parole, non erano per nulla timide e amavano appuntarsi in bella vista sul suo volto, nella luce dei suoi occhi, nello splendore della sua fronte. Alcune erano giocherellone, e balzavano per giocare a nascondino tra le liane della sua folta chioma. C'erano parole fredde che scendevano giù fino ai piedi con il potere di raggelare tutto il corpo... avvolte era gradevole, quando faceva tanto caldo per esempio, ma quelle che arrivavano di notte o nel freddo dell'inverno... quelle erano appuntite e spesso sgradevoli. Tra le parole calde ven'erano che andavano dritte nello stomaco e facevano ribollire tutto l'animo, come un pentolone con un acida pozione che bolle e di cui il vapore sale accecando la mente e offuscando la vista. Quelle parole erano in grado di smuovere le acque torbide e stagnanti, avvolte fanno bene, ma si devono ascoltare con cautela e a piccole dosi, perché non sono facili da gestire e si può esserne facilmente travolti.Le parole che più amava erano quelle soffici e morbide, quelle in cui ci si poteva rotolare e a loro volta rotolano sulla superficie del nostro corpo, producendo un massaggio delicato, amorevole e rinvigorente. Quelle parole non venivano pronunciate spesso. Ma quando le erano rivolte, sapeva gustarsele.
Kimimela Sanuye crebbe così, sotto l'occhio attento di Astrakan, e superando con brio e coraggio ogni prova che la vita le mise davanti. Non era sempre facile affrontare ogni giornata con la testa alta. Ma non si disperava mai, anche quando sentiva nascere in se le mille domande dell'esistenza :
"Chi sono ? Chi erano i miei genitori ? Quale destino mi attende ? Perché devo seguire la via dell'addestramento ? Quale senso ha la mia esistenza ?"
Tutte domande lecite per una ragazza ormai arrivata all'età della pubertà, nata orfana e cresciuta come una guerriera con un rigido addestramento.
Astrakan non poteva rivelarle niente del suo passato e niente di ciò che la attendeva nel suo futuro. Il suo dovere era di mantenerla salda nel presente e renderla consapevole di ogni suo gesto, di ogni sua parola, di ogni suo pensiero...
Quella sera, in cui Astrakan la intimò di partire, gli astri promettevano cattivi presagi per la tribù, che si sarebbe salvata soltanto con lo sbocciare della crisalide. Astrakan sapeva leggere nel cielo, e capì che Kimimela Sanuye era la loro ultima risorsa. Lei sola poteva salvare il popolo delle stelle.
Il suo addestramento era stato intenso in quei lunghi sedici anni, anche se non era completo, non poteva far altro che avere fiducia nell'Universo e nelle capacità di Kimimela Sanuye. Si abbandonò così al volere degli dei e guidò la sua protetta attraverso le sue preghiere.
Accese un gran falò, e con gli altri abitanti del villaggio intonarono canti e danze attorno al fuoco. Piante medicinali furono gettate tra le fiamme, innalzando scintille colorate e vapori polimorfi, attraverso i quali Astrakan poteva leggere il presente di Kimimela Sanuye, ed esserle, in qualche modo, vicina.Kimimela Sanuye camminò tutta la notte a piedi nudi tra boschi e praterie, su rocce lisce e sdrucciolevoli del fiume, arrampicandosi su per sentieri impervi e scalando strapiombi.
Avanzando sul suo cammino, ascoltava il canto del suo cuore, la melodia dei suoi passi e la sinfonia della natura che la circondava e che nel buio della notte sembrava essere più che mai penetrante.
Non aveva paura di essere li dov'era, non aveva paura di ciò che la aspettava. Eppure il suo cuore era appesantito dal presagio che quella sua ultima missione avrebbe determinato la vita di tutto il suo popolo. La consapevolezza dell'importanza di questo suo ultimo compito cresceva man mano che avanzava nella vegetazione e si avvicinava al Sacro Monte, che la aspettava troneggiante, immobile davanti a lei, come se la stesse aspettando da sempre.Il sole stava sorgendo quando Kimimela Sanuye arrivò finalmente ai piedi del Sacro Monte. Non poteva fermarsi a riposare, e tanto meno a ristorarsi. Doveva raggiungere la cima prima che il sole iniziasse il suo cammino verso il mondo che non c'è. Bevve soltanto un sorso dalla borraccia e si fece forza, iniziando questa sua ultima ascensione.
Sul suo cammino, come se uno spirito benevole la volesse aiutare, trovò cespugli di mirtilli e di lamponi maturi e succosi, che poteva cogliere senza fermarsi, semplicemente allungando il braccio. Quel nutrimento seppur frugale era una vera manna, sia per il corpo stremato che per la mente offuscata dalla stanchezza e dai pensieri. Fu anche grazie a quel dono inaspettato che trovò la forza per arrivare fino in vetta.Arrivata in vetta, Kimimela Sanuye si sentì prendere dalle vertigini guardando l'orizzonte che si stendeva tutto attorno a se. Era spettacolare e al tempo stesso troppo vasto per i suoi occhi abituati a vedere fino al limitare della foresta. Li chiuse e assaporò l'aria fresca che aveva un gusto diverso da quella che conosceva al villaggio. Sentì questo nuovo ossigeno entrarle dalle narici e nutrire il suo corpo stremato da una notte e un giorno intero di cammino. Il suo cuore si pacificò, le sue gambe non si lamentavano più della stanchezza e la sua fronte era libera dai pensieri di angoscia.
Preparò l'accampamento per la notte : una stuoia di erba fresca e un fuoco con sufficiente legna da ardere per che resisti tutta la notte.La sua borraccia era quasi vuota e non v'erano sorgenti nelle vicinanze, ma avrebbe fatto a meno. Ora doveva sedersi ed aspettare il tramonto. Non doveva far altro che aspettare, in silenzio e immobile come le aveva detto Astrakan.
Aveva molto affetto per quella donne che malgrado tutta la severità e la fermezza con la quale l'aveva cresciuta, scorgeva tutta la tenerezza e l'Amore che aveva per lei, in piccoli gesti e tenere occhiate. Sapeva che poteva sempre contare su di lei... Ma ora toccava a lei prendere le redini del suo destino.
L'ultimo passo doveva compierlo da sola, senza l'aiuto e l'interferenza di nessuno. Solo lei poteva compiere il suo destino, solo lei poteva salvare il suo popolo.
Immobile e silenziosa mentre il cielo si tingeva dei colori infuocati del tramonto, che ora poteva osservare nella sua interezza senza ostacoli alla sua vista. La brezza della notte si stava alzando sciogliendole i capelli con la dolcezza della carezza di una madre. Si sentì avvolta e amata. Questa sensazione, sommata alla bellezza dell'Universo che la circondava, nella solitudine in cui si trovava, riuscì a toccarla profondamente. Colma di emozione, delle furtive lacrime le scivolarono giù dagli occhi, bagnando le guance e atterrando tra le mani che teneva aperte in grembo.
Immobile e in silenzio, si lasciò immergere nella notte scura. Immobile, è rimasta silenziosa anche quando le urla strazianti della notte la stuzzicavano, pungendo i suoi punti deboli, e mettendo in luce le sue zone in ombra. Gli ululati tenebrosi della notte buia spingevano Kimimela Sanuye ad alzarsi e correre a rifugiarsi nel grembo della foresta sottostante. Eppure lei rimase immobile e in silenzio.
Immobile e in silenzio è rimasta anche quando il cuore le scalpitava in petto e i pensieri che si affollavano dietro alla fronte, la esortavano ad alzarsi e a correre via veloce dal Sacro Monte.
Kimimela Sanuye aveva imparato a distinguere la voce dell'intuizione e della ragione dalla voce della paura. Parlano con lo stesso linguaggio famigliare, ma non con la stessa intensità. La paura strilla e ripete come un eco ad oltranza, fino allo sfinimento dei nervi, mentre la ragione, è la voce che ha mantenuto saldo il legame con l'Universo, indica la via quando non sai da che parte voltarti, ed è una voce che non ha bisogno di ripetere, arriva in un'unica freccia, in profondità dell'essere, dove scava per dissotterrare la forza di volontà.
Kimimela Sanuye le sapeva distinguere, e sapeva come far tacere la voce stridula della paura che si mascherava diventando mielosa e fin troppo appiccicosa.
Kimimela Sanuye la ascolta e la lascia parlare, una, due... e alla terza volta le risponde, con altrettanta fermezza che compassione. Come una carezza le intima di stare zitta, con amore la rassicura "andrà tutto bene".
Kimimela Sanuye sa che queste parole devono possedere la fermezza irremovibile della montagna e la catturante morbidezza del pelo dei coniglietti.
Solo la gentilezza rassicurante potrà far indietreggiare la paura. E così fece.
Così la paura andò a rintanarsi nel suo centro e sebbene rimase con un occhio vigile ad osservare quel che stava accadendo, lasciò spazio alla voce dell'Universo per far emergere la forza di volontà.
Accadde tutto in un solo istante : mentre sbocciò al centro del suo petto, la Bianca Orchidea della forza di volontà, si aprì uno squarcio nella crisalide che fece apparire la mistica farfalla, e apparve la Bianca Luna in cielo. La sua luce illuminò Kimimela Sanuye e ciò che la circondava.
Fu così che si accorse di essere circondata da esseri immateriali, le cui radici arrivavano fino ai suoi piedi, all'orlo del suo abito e dalla terra risalivano in tutto il suo essere.Sentì il nutrimento che queste anime le donavano. Il sapere che condividevano con lei. L'energia che le trasmettevano.
Erano i suoi antenati.
Erano li per lei, erano lì con lei.
Le svelarono i loro segreti, tutto quel che avevano imparato e accumulato nel viaggio delle loro anime sulla terra.
Le svelarono che erano da sempre parte integrante di lei, che le sue cellule vibravano la loro stessa energia. In fondo era stata una moltiplicazione e riproduzione di cellule che continuava da generazione in generazione, da quando non erano altro che polvere di stelle.
Le fecero il Dono per il quale lei era stata mandata lì da Astrakan.
Le svelarono il segreto dell'Universo e le diedero il senso della sua vita.
Kimimela Sanuye non avrebbe mai più perso la facoltà di connettersi e comunicare con i suoi avi, attraverso i quali poteva conoscere le emozioni celate nella profondità dei cuori della gente, scoprendo le parole chiavi per aprire le serrature degli scrigni che trattengono in gabbia i loro cuori.
È grazie al Dono che Kimimela Sanuye riuscì a sconfiggere il male e riportare la pace nel suo villaggio e nelle contee vicine.
La sua missione non è finita, e ci esorta ad imitarla.
Dapprima imparando a riconoscere la voce della paura da quella della ragione, dimorando immobili e in silenzio. Imparando ad assaporare il gusto delle parole, sentendo dove ognuna di esse va ad appoggiarsi dentro di noi. Cosi facendo prepareremo il terreno per che possano essere coltivati i fiori della compassione, dell'empatia e della gratitudine.
Solo così potremmo salvare il nostro popolo, il popolo delle stelle.
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