Naïg e la volpe Soizick

Questa è una storia che parla d'Amore fraterno e d'Amicizia leale tra i popoli. Di legami puri che continuano ad esistere oltre l'odio e la paura. 

Oggi vi racconterò la storia di Naïg e della volpe Soizick.

Era un tempo lontano, in una Terra dove gli uomini e le donne, vivevano in armonia con i cicli dell'Universo, rispettando tutte le creature che Madre Natura, con Amore e profonda intenzione, aveva creato.

In quel mondo, le terre non erano divise, e ben che fossero accuratamente delimitate, gli abitanti delle quattro contee vivevano in armonia gli uni accanto agli altri, incontrandosi con rispetto e reverenza nella terra di mezzo, dove avvenivano gli scambi commerciali, le feste comuni e le Assemblee generali, in cui si prendevano decisioni che riguardavano tutti.

Nella contea Sempreverde, che si trovava a est della terra di mezzo, il popolo Mushibell viveva in un atmosfera di assoluta pace e serenità. Erano persone umili e devote alla famiglia. 

Le donne coltivavano una terra morbida e fertile, mentre gli uomini lavoravano nella miniera di ametiste, dove estraevano il prezioso minerale che tutti gli abitanti imparavano a scolpire e dargli fantasiose forme, sin dalla più tenera età. 

La contea Sempreverde, come possiamo intuire dal nome, godeva di un clima mite abbastanza regolare, con poche variazioni di temperatura. Ciò permetteva alla vegetazione di essere rigogliosa, sempre verde e in fiore, come in un eterna primavera

Era una terra che offriva frutti dolci e succosi tutto l'anno. 

Le abitazioni erano scavate nella terra, come le tane delle volpi. In questo modo si mantenevano fresche nelle ore più calde, e comodamente tiepide nelle ore più fresche. 

Il vasellame era fatto di terra cotta, mentre i vestiti erano comodi e ampi, fatti di feltro ricavato dal pelo degli animali del bosco, che la popolazione anziana amava spazzolare per ricavarne la lanugine da infeltrire. 

Gli animali non temevano i Mushibell, sapevano che non avrebbero mai fatto loro del male. Erano semplicemente due specie di creature che vivevano in sintonia. E poi farsi spazzolare era così gradevole !

Erano abili artigiani e l'esubero di tutto ciò che producevano : ortaggi e frutti, statuine e gioielli di ametiste, vasellame o abiti di feltro, era merce di scambio e di commercio al mercato centrale delle quattro contee

Non tenevano per loro, mai niente più del necessario, e non esistevano sprechi. Questa era una loro particolare dote, forse naturalmente concessa loro dall'abbondanza che gli regalava la terra di Sempreverde.

A sud della terra di mezzo, invece, c'era la contea Scheggiadoro. Una delle contee più calde, dove le temperature torride di giorno impedivano ai piedi di poggiarsi a terra. Di notte invece, le temperature calavano drasticamente, e la terra veniva ricoperta dall'acqua della marea montante. 

In questa terra poco accogliente dal punto di vista delle temperature, vivevano i Pirati Malesiani. Ma non lasciatevi ingannare dal nome... erano un popolo altrettanto pacifico e onesto dei Mushibell

Erano solo particolarmente inclini agli scherzi, tutto qua. Burlarsi della gente, piaceva loro così tanto che si erano scelti apposta, un nome che facesse intimorire i forestieri : Pirati Malesiani. Ma ci pensate ?!

Il loro aspetto era quello di pirati naufraghi, sempre un po' trasandati... ma accuratamente disordinati. 

Amavano bere birra in grossi calici, ed erano sempre un po' brilli. Quel tanto che basta per essere allegri e canterini. Uomini e donne si burlavano gli uni degli altri, senza che mai nessuno si offendesse. Avevano un buon carattere e uno spirito socievole.

Così, quando uno straniero arrivava in un loro villaggio, di comune accordo, si mettevano tutti in pose e atteggiamenti scontrosi, con sguardi feroci, per intimorire il mal capitato, che tutto tremante e scosso dall'agitazione, scappava a gambe levate al primo scoppio di petardo. 

Ma non vi preoccupate, non erano così ostili nei confronti degli stranieri. Riuscivano sempre ad acciuffare in tempo, il poveretto e a spiegargli che era uno dei loro scherzi favoriti. 

Alla fine della giornata se la ridevano tutti a crepapelle, straniero compreso, attorno a un bel fuoco, tutti ebbri di birra e risate. 

Era più forte di loro, non potevano smettere di tormentare il forestiere con le loro burle preferite, per tutta la durata del suo soggiorno.

I Pirati Malesiani possedevano una ricca miniera d'oro, con cui creavano ogni sorta di oggetti : gioielli, cardini, posate, strumenti musicali, chiavi a chiavistelli... insomma l'oro a noi così prezioso, era per loro talmente comune che era diventato il materiale per gli oggetti di uso comune che necessitavano di una certa resistenza e impermeabilità. 

La terra in quei luoghi era assai dura, e poche cose crescevano lì, se non rape e scorzonera. Ma avevano in compenso tanti alberi da legna, che crescevano forti, ritti e rigogliosi. Era l'unica vegetazione con radici abbastanza forti da poter smuovere la terra e affrancarsi saldamente al suolo per crescere in altezza. 

Erano strani alberi molto alti, con verdi tronchi flessibili che potevano piegarsi fino a toccare terra. Avvolte, è strabiliante il modo con cui la natura trova un equilibrio : controbilanciando la rigidità e la durezza di quel suolo, con la morbidezza e l'elasticità della sua vegetazione. 

Le abitazioni dei Pirati Malesiani erano costruite in cima agli alberi. Questo garantiva loro una certa sicurezza dalle alte maree che arrivavano a qualsiasi ora della notte... uno scherzo della Madre Luna, che avevano imparato ad apprezzare. Beneficiavano così, della freschezza che offrivano loro le fronde degli alberi

Per salirci, avevano creato un ingegnoso ingranaggio che piegava la pianta fino a terra, lasciando però la casa sempre parallela al suolo grazie a un pavimento che appoggiava su di una sfera di legno, che ogni tanto andava lubrificata con olio di scorzonera. Questo dava un odore particolare, alle loro abitazioni, mantenendo lontani gli avvoltoi e le pernici.

Non serve precisare che erano abitazioni interamente fatte di legno, visto che era, dopo l'oro, il materiale che più abbondava in quella contea. 

Una sofisticata rete di ponti di legno collegavano le abitazioni tra loro, che grazie a una brillante pensata, si potevano allungare e restringere senza scuotere tutta la foresta, quando qualcuno tirava giù una cima per salirci.  

Ma il più bello era vederli scendere : delle liane fatte di fili d'oro intrecciati, venivano gettate a terra e loro scivolavano su esse con una tale abilità, anche a tarda età, che lasciava di stucco qualsiasi forestiero. 

Vivevano in completa armonia con il loro ambiente, senza mai cercare di sottometterlo, ma soltanto usufruendo delle sue particolarità, in modo euritmico e rispettoso.

Al grande mercato centrale, i Pirati Malesiani non mancavano di fare scherzi agli abitanti delle altre contee... che però non sempre stavano al gioco, e avevano voglia di ridere. 

Ma sapevano com'erano fatti e usavano la loro presenza come termometro della loro capacità di sopportazione. Quando si sentivano al limite, era ora di prendersi qualche giorno di vacanza in riva al Lago Centro, fulcro della Terra di Mezzo. Località di villeggiatura degli abitanti delle quattro contee, dove si potevano dimenticare per qualche giorno i doveri e i mestieri di casa. Lì si potevano ristorare grazie a Sorella Acqua, rilassandosi al canto degli uccellini, sdraiati sull'erba verde di Madre Terra, facevano il pieno delle energie di Fratello Sole e Fratello Vento. Tutti ci andavano regolarmente, era un loro diritto di nascita. Quando ne sentivano il bisogno ci andavano, e ne tornavano rinvigoriti e fortificati.

Era uno dei modi con cui riuscivano a contenere risse e battibecchi. La pace tra le quattro contee era la cosa più importante da salvaguardare. In qualsiasi modo. Tutti ci si impegnavano con fervore.

I Pirati Malesiani vendevano, al Mercato Centrale, il legname che avevano in esubero, ma anche utensili e vasellame fatti d'oro e di legno.

Alcuni di loro, si dilettavano a creare sculture e oggetti decorativi fatti sia in legno scolpito che in oro colato, che venivano particolarmente apprezzati dagli abitanti delle altre contee. 

A loro volta, al Mercato centrale delle quattro contee, i Pirati Malesiani compravano gli abiti rigorosamente di seconda mano, che riconfezionavano abilmente alla moda marinaresca; gli alimenti che sulle loro terre non crescevano; oggetti galleggianti di pietra vulcanica; la carne che non erano in grado di cacciare... perché diciamolo, era un popolo di pescatori e non sapevano uccidere animali terrestri, ben che ne apprezzassero la carne. 

Le donne del popolo dei Pirati Malesiani apprezzavano particolarmente i gioielli di ametista del popolo Mushibell. E tutti gli abitanti erano parati con gli amuleti del popolo Powaka della Contea Lingua di Lupo che rispettavano e ammiravano per la loro capacità di vivere in una terra tanto sprovveduta di comodità.

Infatti, all'esatto opposto della contea Scheggiadoro, a Nord della Terra di mezzo, v'era la contea Lingua di Lupo. Una terra perennemente ricoperta da una lastra di ghiaccio. In cui potevano soffiare venti fortissimi, capaci di sradicare alberi secolari. Nessuna vegetazione era in grado di crescere in quelle condizioni. 

Forse per codesto motivo che in questa landa desolata, vivevano solo mammiferi carnivori molto feroci. 

Ma malgrado fosse una terra inospitale sia per la faune, la flora che per l'essere umano, il popolo,  Powaka, non si sa come, riusciva a vivere e a prosperare.

Abbiamo poche informazioni su quel popolo se non quello che hanno voluto svelarci loro stessi, in quanto non v'erano tanti esploratori con sufficiente coraggio per inoltrarsi in quelle terre selvagge. Si può presupporre, che i pochi temerari che tentarono la spedizione, non tornarono mai per raccontarci le loro avventure e peripezie. Ciò di certo non incoraggiava le nuove reclute. 

I Powaka stessi ammettevano di non ricevere visite da stranieri, e non le desideravano neppure. Erano troppo consapevoli dei rischi che ciò comportava per chi non era nato e cresciuto su quelle terre. 

Forse anche per questa ragione, i Powaka non erano tanto abili a comunicare con gli abitanti delle altre contee. Si accontentavano dello stretto necessario. Si poteva definire un popolo poco incline alla socializzazione, ma non per questo meno devoti alla Pace.

Vivevano in case circolari, modellate dal vento, fatte di pelli di animali e lana di bufalo nero, con una struttura sofisticata di legno della contea di Scheggiadoro

All'interno, pochi mobili, tante coperte e un camino centrale attorno al quale si radunava la famiglia per parlare, per mangiare e per sognare.

Powaka erano un popolo mistico, conosciuto per i loro poteri magici capaci di creare protezione e assicurare buona fortuna a chiunque indossasse un amuleto fatto da loro. 

Erano in grado di comunicare direttamente con gli Dei, in connessione permanente con l'Universo sapevano balzare dal passato al futuro senza passare dal presente, e viceversa. 

I loro occhi potevano scrutare nel profondo dell'anima delle persone, conoscendo così le loro reali intenzioni. Era impossibile mentire loro. Sapevano. Anche se spesso facevano prova di indulgenza e lasciavano correre. Fingendo di non capire. Avevano un animo buono e una delle loro doti più grandi, era proprio la compassione per l'imperfezione dell'essere Umano.

Al mercato centrale delle quattro contee, compravano oro, perle di pietra lavica, e ametiste, ai quali incastonavano denti e artigli della loro cacciagione, e creavano così fermagli, spille e monili, che in gran parte vendevano poi al mercato. Questi amuleti venivano caricati con preghiere e invocazioni. Mentre con certe incisioni ne aumentavano o dilatavano il potere. Erano molto richiesti e il loro potere era indiscutibile.

Oltre ad essere degli sciamani, i Powaka erano grandi cacciatori. Infatti al mercato centrale, oltre che agli amuleti, portavano carne e pelli conciate. 

Commerciavano anche grossi blocchi di ghiaccio, che permettevano agli abitanti delle altre contee di mantenere fresco il cibo, nelle Nevere, anche quando le temperature erano tra le più calde. 

A loro volta i Powaka compravano legna per la struttura delle loro abitazioni, e da ardere nelle stufe che scaldava tutta l'abitazione famigliare. 

Acquistavano o scambiavano anche utensili fatti d'oro e di legno; vasellame di terra cotta; frutta, verdura e dei legumi per variare l'alimentazione che era prevalentemente fatta di carne e grasso animale. 

Quel commercio, era indispensabile alla loro sopravvivenza. Senza la frutta e la verdura della altre contee si sarebbero presto ammalati di scabbia, mentre senza la legna non avrebbero potuto ne cucinare ne riscaldarsi e tanto meno tenere in piedi le loro abitazioni.

Per questo motivo, commerciavano con tutti gli abitanti delle altre contee, e pagavano sempre il prezzo giusto, senza mai cercare di contrattare sul prezzo malgrado la tentazione fosse rafforzata dalla chiara visione delle debolezze della mente dell'altra persona. Ma anche per loro la concordia era il bene più prezioso al quale un uomo potesse aspirare. Non agivano così per costrizione, ma per devozione alla causa suprema : La Pace.

La bevanda tipica delle contea Lingua di Lupo era, un brodo caldo fatto prevalentemente di grasso sciolto, ricavato dalla schiena del bufalo nero. Una sorta di grande bue dallo spesso manto nero, con corna gigantesche che si stendevano lateralmente, e che al posto degli zoccoli aveva artigli letali. 

Sicuramente all'epoca della preistoria era un erbivoro che dovendosi adattare al clima di quelle terre, si convertì al carnivorismo. La conseguenza di quell'evoluzione fu una grande agilità di movimenti, sia nelle articolazioni delle zampe che del collo e di tutta la colonna vertebrale; gli artigli al posto degli zoccoli; zanne possenti che gli sporgevano dalle labbra; e le corna, come detto precedentemente, che non lasciava scampo alle sue prede. 

La sua pelle si era fatta dura e tutto il suo corpo si era coperto di grasso, sia per sopportare le basse temperature che per sfuggire all'attacco di altri predatori.

I Powaka erano gli unici a riuscire ad uccidere questa bestia feroce, alta più di due metri. Possedevano una tecnica di caccia, in gruppo, affinata di generazione in generazione, che permetteva loro di catturare un Bufalo Nero, in meno di tre ore, con lo 0,10% di perdite umane. Era la loro preda prediletta, anche perché erano gli unici a poter contenere la sua popolazione. Infatti, se il bufalo nero diventava troppo numeroso, era tutto il resto della fauna a patirne. Senza parlare del fatto che le vite stesse dei Powaka erano messe in  pericolo da questo mastodonte.

Al Mercato centrale delle quattro contee, i Powaka cercavano di vendere la loro bibita fatta col grasso di bufalo nero... ma ahimè nessuno mai comprò loro una sola tazza di quell'intruglio nauseabondo.

Ci sarebbe ancora tanto da dire sui Powaka, ma è giunto per me il momento di parlarvi dell'ultima contea che ospitava il popolo Na'weh : la contea Fulcrovitale

Qui il clima era simile a quello della contea Sempreverde, che si trovava al suo esatto opposto, se non fosse per i numerosi vulcani attivi disseminati su tutto il territorio, che rendevano l'aria ambiente molto calda con un elevato tasso di umidità. 

La vegetazione cresceva fulgida e rigogliosa anche qui, la terra era molto fertile. Anche se era molto diversa da quella coltivata e abitata dai Mushibel. Possiamo forse definirla, più selvatica, meno incline a essere domata dalla mano dell'Uomo. 

Era una vegetazione smisurata, dove tutto prendeva delle proporzioni ciclopiche : le foglie, le piante rampicanti, gli steli d'erba, e non parliamo degli alberi, erano gargantueschi. 

Quando si arrivava in quella contea si aveva l'impressione di essersi rimpiccioliti. Non so se rendo l'idea... un po' come quel che ha vissuto Gulliver quando è arrivato sull'isola di Lilliput.

Di conseguenza anche la fauna, aveva prosperato assumendo dimensioni proporzionate all'habitat in cui vivevano

Gli unici ad avere le stesse proporzioni delle altre contee erano gli Na'Weh, che però non si sentivano particolarmente minacciati dagli animali carnivori della loro contea. Anzi, avevano la facoltà di comunicare con loro attraverso il pensiero consapevole. In questo modo avevano intrecciato un saldo legame di amicizia e di aiuto reciproco, che garantiva loro una vita priva dal pericolo di essere divorati da qualche animale in cerca di cibo. 

I Na'weh erano un popolo che non uccideva animali per cibarsi, non strappava a Madre Terra le sue radici per nutrirsi. I Na'weh non coltivavano la terra e non toglievano alle acque i suoi pesci

Loro non avevano bisogno di molto cibo solido. Qualche bacca, qualche frutto donatogli da Madre Terra, bastava loro per soddisfare sia la fame fisica che quella mentale

La parte più importante del loro nutrimento proveniva dall'aria che respiravano; dalla luce del sole che assorbivano con praticamente tutta la superficie del loro corpo, tanto poco erano vestiti; e dall'acqua che sorseggiavano e gustavano come fosse uno speciale elisir di lunga vita. 

Erano le creature più pacifiche e non violente che potessero esistere sulla faccia della Terra. 

Le loro giornate trascorrevano tra momenti di gioco;  spazi di silenzio e meditazione; e ore trascorse ad aiutare il prossimo, sia che fosse un loro simile, un animale o un vegetale. 

Oltre a queste attività, si concedevano delle pause in cui riposavano su delle amache fissate tra gli alberi. 

Quando finalmente si sentivano rigenerati, riprendevano le loro attività. 

Che sia giorno o che sia notte, c'erano sempre dei Na'weh in giro. Ognuno seguiva i propri ritmi, senza badare a convenzioni sociali o ai ritmi solari. 

Loro ascoltavano solo il proprio orologio interiore che poteva variare da individuo a individuo. Erano così poco inclini alla violenza che non si sarebbero mai sognati di imporre il proprio ritmo a un loro simile.

Potevano esserci giornate in cui il loro corpo necessitava di poco riposo, e allora trascorrevano la maggior parte del tempo nelle loro attività. 

Mentre altri giorni sentivano il bisogno impellente di riposo o di introspezione. Il riposo non era considerato ozio o un'attività indotta dalla pigrizia, ma era incoraggiato come uno spazio vitale di rigenerazione e di buona salute. Il loro motto era : "Non si può versare da una caraffa vuota!"

Il gioco, era una delle attività cardinali della loro cultura. La gioia e l'effervescenza che ne scaturiva era vero e proprio nutrimento per l'anima. Adulti e bambini giocavano insieme senza una qualsivoglia distinzione... tutti avevano la possibilità di vincere nei loro giochi, ma soprattutto non v'era competizione tra loro: quando uno o più persone vincevano, tutti insieme esultavano. Perché per i Na'weh, la principale vittoria non era arrivare alla fine della partita calpestando e schiacciando gli altri, ma era il piacere, il divertimento e l'allegria che si creava durante tutta la durata del gioco. La fine di una partita era quasi triste, pensate un po'.

Per questo popolo, il gioco aveva un alto valore di apprendimento e conoscenza di Se, non che di confronto con gli altri. Riuscire ad esultare per gli altri, sinceramente e con tutto il loro cuore, non era scontato. Era qualcosa che imparavano proprio attraverso il gioco: far germogliare, grazie a un'accurata concentrazione e riconoscenza di Se, i semi dell'Amore, della sincerità, della fratellanza e della solidarietà era un'attività presa con molta serietà.

Inoltre serviva come valvola di sfogo delle energie basse, quelle che se non si sta attenti fanno germogliare i semi della gelosia, dell'avidità e della collera

Ognuno aveva il diritto di esprimere se stesso attraverso il gioco, senza mai ferire l'altro, perché faceva parte del gioco. Tutto quello che succedeva nel gioco, restava nel gioco. Non c'era approvazione, merito e disaccordo, solo una profonda e sincera accettazione dell'altro così com'è.

I Na'weh non avevano abitazioni. Vivevano nella foresta, con la foresta, per la foresta, protetti dalla foresta. I loro giacigli, come già detto, erano amache tra gli alberi. Ognuno poteva occupare l'amaca a lui più vicina. 

Tra i Na'weh non esisteva il concetto di proprietà. Così come non esisteva il concetto di moglie e di marito, di figlio o di nipote. Vivevano tutti insieme come una grande famiglia, senza che nessuno appartenesse a nessuno.

Utilizzavano le pietre laviche per creare oggetti, statuine, perle e decorazioni. Queste loro creazioni artistiche, in più della frutta che coglievano senza strappare alla madre Terra, rappresentavano il loro bene di scambio e di commercio al mercato centrale delle quattro contee

Da quando il Sole accende il giorno, e la Luna schiarisce il buio della notte, le quattro contee hanno sempre vissuto in Pace e Armonia. Sostenendosi l'un l'altra in qualsiasi necessità. Consci della loro complementarità, non hanno mai coltivato pensieri e emozioni di superiorità o di animosità nei confronti dei loro vicini. 

La Pace è una conquista, a cui si lavora ogni giorno, portando attenzione ad ogni gesto e ad ogni parola. Non è mai scontata e nemmeno semplice, ma essenziale alla prosperità e alla serenità dell'essere Umano.

Quando giunse loro voce che in un mondo non troppo lontano, vivevano popoli divisi che non sapevano coltivare i semi essenziali alla Pace, decisero di riunirsi per trovare un modo per venire loro in aiuto.

Il Gran Consiglio, che si tenne nella Terra di Mezzo, radunò tutta la popolazione delle quattro contee. 

Mescolati tra loro in modo fraterno, pur sapendo conservare ciascuno la propria cultura e principi, passarono quattro giorni e tre notti, in conversazioni e decisioni prese all'unanimità. Giunti al termine scelsero due ambasciatori della loro causa.

Naïg la graziosa, del popolo dei Mushibel, proveniente dalla terra Sempreverde; e Soizick la saggia volpe delle foreste della contea di Fulcro Vitale

Per adempiere alla loro missione furono parati di abiti e amuleti di tutte e quattro le Contee

Gli amuleti e i diademi avevano il potere di spianare loro la strada, dare loro la chiara visione e aumentavano la capacità di compassione che non necessita di comprensione.

I loro cuori furono uniti con il filo invisibile dell'eternità, attraverso un rituale eseguito dai più anziani delle quattro Terre. In questo modo, anche se il fato li dovesse separare, ritroverebbero sempre il modo di ricongiungersi. Perché la loro unione è la loro forza. 

Mentre i più giovani, riversarono nei loro occhi, le parole mai dette, capaci di comunicare, con lo sguardo, da anima ad anima

Il loro compito è quello di venire in questo mondo, dilagato dalla discordia e dalla smania di potere, per portare il loro messaggio di Pace. Invitando gli Uomini ad abbandonare la gramigna in favore delle piante dai fiori di Luce

La loro missione è tutt'ora in corso sulla nostra Terra, perciò, se incrociate lo sguardo di una Volpe e avete la netta sensazione che non sia una volpe qualsiasi; o se vi capita di conversare con un essere che sembra venuto da un'altro pianeta, dal cuore puro, che non conosce ne giudizi ne pregiudizio... Allora sappiate essere riconoscenti, perché anche nel silenzio saranno stati in grado di comunicarvi il loro messaggio, ripulendo così il vostro orto interiore dall'erba cattiva, e portando alla Terra fertile del vostro cuore, i semi buoni dell'Amore fraterno, della sorellanza tra i popoli, e della speranza rinnovata... prerogative essenziali alla Pace.

Allora, aprite bene gli occhi !



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