Madame Chauchat e Monsieur Chopin

    Avvolte basta incontrare la persona giusta per cambiare il corso di una vita. 

    Questo non significa che si debba restare in attesa del principe azzurro o della fata madrina, sedute su una seggiola, in cima a una torre, sognando giorni migliori e rimuginando su quanto sia triste e difficile la propria vita. 

    Per che un cambiamento di rotta possa avvenire, si deve mantenere nel cuore, seppur sepolto nel mezzo di un labirinto degno di Dedalo, una porticina aperta sulla speranza e una briciola di volontà

    Quella che vi racconterò oggi non è la storia di un miracolo. E nemmeno una di quelle storie a lieto fine che ci si racconta per illuderci che va sempre tutto a finire bene.     

    Quella di Madame Chauchat è una storia di coraggio e di forza di volontà. È una storia che ricorda a tutti noi che se vogliamo possiamo

L'essere umano ha molte più risorse e forze di quel che crediamo.

    Dio ci creò a sua immagine, dotandoci di una scintilla divina che ci permette di compiere imprese straordinarie. Di scalare le vette più alte, di realizzare l'immaginabile, di oltrepassare ogni limite della nostra immaginazione.

    Oggi vi conto la storia di Mr Chopin, colui che permise al miracolo di avvenire, e di Mme Chauchat colei che vagava nelle tenebre ma che seppe mantenere accesa la favilla che la riportò alla vita.

    La vita di Madame Chauchat era sull'orlo del precipizio. 

    Numerose sono state le esperienze che l'hanno portata nel baratro in cui si trova : un infanzia difficile, relazioni sbagliate, inganni, abusi di potere e soprusi ai suoi danni, sono uno smilzo riassunto di quel che dovette vivere.     

    Nessuno può immaginare di quanto dolore e quanta sofferenze le sue fragili spalle si dovettero far carico. Perché così tanto patimento in una sola vita non si può concepire. 

    Mme Chauchat era stanca di vivere.  Era stanca di essere al mondo per così poca gioia, per così pochi e futili piaceri. Non aveva più gusto a niente. Non le andava nemmeno più di uscire dal suo letto, di lavarsi e indossare altri abiti che non sia quel largo pijamone, ormai lurido. 

    Mangiava poco e senza mai cucinare. Apriva l'armadio della dispensa e prendeva quel che c'era da sgranocchiare davanti alla TV, che guardava senza voglia e senza attenzione.     

    Quando non guardava la TV, la sua mente vagava da un ricordo all'altro, condito con un bel po' di vittimismo e autocommiserazione. Per questo motivo anestetizzava la sua mente con un susseguirsi di serie e trasmissioni vuote.

    Diventava così, sempre più ostile al mondo. Non aveva più contatti con amici e parenti, li aveva allontanati tutti ad uno ad uno. Certo loro non si erano fatti pregare per non farsi più ne vedere ne sentire.

    Quando la dispensa era vuota, non si vestiva, copriva il pijama con il suo vecchio impermeabile grigio scuro, tirava su il colletto che gli copriva mezzo viso, stringeva la cintura senza troppa convinzione, e scendeva al supermercato all'angolo. Riempiva in pochi minuti il cestino della spesa con cibo preconfezionato, privo di qualsiasi nutrimento. Cibo che la teneva in vita, ma che non la nutriva. Cibo immediatamente disponibile. Cibo che in qualche modo la riconfortava nel suo malessere tenendola avvinghiata in quel circolo vizioso dal quale sembrava non poterne uscire mai.

    Se incontrava un vicino per strada o nell'ascensore, non salutava, non guardava, non rispondeva. Fissare il pavimento, i bottoni dell'ascensore o il marciapiede. Passava per una maleducata e scontrosa agli occhi di chi la incrociava senza aver modo di conoscerla.

    Avvolte guardava giù dalla rampa di scale dove viveva al settimo piano. Aspettava che passasse qualcuno, e lasciava cadere un filo di bava viscida. Non sapeva nemmeno lei se il suo intento era quello di centrare la persona o solo di attirare la sua attenzione. Ad ogni modo non gli riusciva mai di beccarli... ma di farli imbestialire quello si ! 

    Non si era costruita una bella fama nel condominio. A nessuno veniva voglia di bussare alla sua porta per sapere se stava bene, se aveva bisogno di aiuto, di parlare...

    Questo le dava un motivo in più per odiare il mondo. 

    Era incastrata in un circolo vizioso e non v'era modo di saltarne fuori. 

    Da sola non poteva farcela. Era sprofondata troppo oltre, nell'oscurità in cui l'anima non ha luce da riflettere per risplendere e ritrovare l'energia vitale di motivare un cambiamento. 

    Le giornate passavano tutte uguali, scandite da ritmi improbabili. Veglie e sonno si susseguivano senza un ritmo stabilito. I pasti avvenivano a qualsiasi ora della giornata e della notte. L'unico orologio che scandiva le attività era quello spinto dal bisogno impellente. 

    Madame Chauchat si stava lentamente distruggendo, rinunciando a vivere. 

    Fin che un giorno, l'universo decise che Madame Chauchat aveva toccato il fondo ma che non era ancora giunta la sua ora. Non avrebbe avuto la volontà necessaria per fare il primo passo necessario  per intraprendere la risalita... Aveva bisogno di qualcuno !

    Ed è così, che nel tardo pomeriggio di una giornata di forti piogge, Madame Chauchat incontrò per la prima volta Monsieur Chopin

    Lei stava cercando nel lavello una forchetta o un cucchiaio, non troppo sporco, per mangiare noodles precotti che si era appena scaldata in una padella incrostata da diverse cotture precedenti e mai veramente lavate. 

    Quando ad un tratto, vide saltare sul davanzale della finestra che stava proprio dietro al lavello, un gattino ! Era un piccolo gattino tutto bagnato e infreddolito. 

    Rimase immobile a guardarlo chiedendosi da dove poteva essere sbucato. 

    Sarà passato dal tetto, pensò, per arrivare al suo balcone sul quale si affacciava la finestra della cucina. 

    Era impietrita. Non sapeva cosa fare. Sentiva dentro uno slancio di protezione  verso quell'esserino bagnato che necessitava di cure, ma nello stesso tempo sentiva che era una porta aperta su qualcosa che le avrebbe stravolto la vita, quella vita senza senso e senza responsabilità alcuna, che si era costruita. 

    Aprire quella finestra significava lasciare entrare l'imprevisto, una boccata d'aria fresca in quella casa in cui l'unica certezza era che tutto sapeva di stantio. 

    Si trovava davanti a una boccata d'aria fresca che miagolava e che le chiedeva un riparo e del cibo. 

    Era immobile, assalita dai troppi pensieri per poter reagire.

    Fin che quel barlume di speranza e forza di volontà, non prese il sopravvento, e la spinse ad aprire la finestra. 

    Accogliendo quel gattino, stava dando spazio alla novità, all'imprevisto. In realtà stava accogliendo se stessa... ma questo ancora non lo sapeva. 

    Per prima cosa lo asciugò, poi gli versò un po' di latte in un piattino... ahimè era rancido, scaduto da chissà quanto. 

    Così decise di darle una parte dei suoi Noodles che si stavano raffreddando. 

    

Ma il gattino rifiutò la proposta soffiando su quel piatto caldo e piccante. Madame Chauchat frugò nella dispensa e nel frigorifero, alla ricerca di qualcosa che poteva essere adatto a quel ospite inaspettato. Ma non trovò nulla. 

    Dopo avergli fatto provare cereali, barrette al cioccolato, gelato, pop-corn e pane secco, si decise a scendere al supermercato per comprare cibo adatto a un gatto. 

    Si infilò il suo solito impermeabile e calzò le scarpe senza allacciarle. Stava richiudendo la porta dietro di se quando gettò uno sguardo al gattino che la guardava spaventato e infreddolito, seduto sul pavimento. Sentì un sussulto al cuore. Non se la sentiva di lasciarlo lì da solo... e hop, lo afferrò e lo fece scivolare nella tasca dell'impermeabile. 

    Ora però aveva un aspetto ancor più strano del solito, con quella tasca rigonfia che tirava il cappotto tutto da una parte. Cosi lo riprese e se lo mise tra il petto e il bavero dell'impermeabile. Strinse bene la cintura, in modo da sorreggere quel batuffolo di pelo caldo, che si mise a ronronnare. 

    Quella lieve vibrazione sul suo cuore ebbe subito un effetto rilassante. Non lo sapeva spiegare, ma l'angoscia che la attanagliava ogni volta che doveva scendere al supermercato o uscire di casa, in quel momento sentiva che stava sfumando. Il nodo in gola e il peso che le opprimeva solitamente il petto si stavano sciogliendo. Quel gattino le stava già facendo bene. E senza accorgersene, un leggero sorriso si disegnò sul suo volto.

    Chiuse finalmente la porta e scese la rampa di scale di corsa, animata da una nuova energia che ancora non riconosceva.

    Quando si trovò al supermercato, nella gondola di alimenti per gatti, rimase perplessa e incerta su cosa prendere. C'erano un'infinità di marche e prodotti diversi. Quale alimento sarebbe stato adatto al suo nuovo coinquilino ? Come fare per scegliere l'alimento giusto ? Era fuori questione scendere un'altra volta perché aveva preso il cibo sbagliato! Doveva fare la scelta giusta... ma quale ?!

    Vedeva la gente che passava da quella gondola, afferrare con sicurezza un sacchetto o qualche scatoletta e riporla senza esitazione nel carrello. Ma non osava chiedere consigli. La sua bocca rimaneva aperta ma non usciva una parola. Sentiva il sudore formarsi in piccole goccioline sulla fronte e sulla nuca. Sentiva freddo e nello stesso tempo caldo. Si stava agitando. Così infilò una mano nel bavero ed accarezzò il gattino. Era caldo, morbido e sembrava apprezzare quelle carezze. Sentì il suo cuore rallentare, il suo respiro regolarsi, e con questo le idee farsi più chiare.

   Si decise e prese scatolette e sacchi, mimando i gesti svelti e sicuri delle altre persone. Stava riempiendo il carrello con una montagna di cibo per gatti. Una o due confezioni per marca e tipologia. Così era certa di non sbagliare !

    Quindi si diresse in cassa, con il gattino sempre tra il suo pijamone mal concio e il bavero umido di pioggia dell'impermeabile. 

    La signora della cassa, Luisella, che conosceva Madame Chauchat di vista, ebbe un istante di esitazione vedendo tutto quel cibo per gatti. Azzardò a farle una domanda senza sapere se le avrebbe risposto o se avrebbe scatenato un grugnito irriverente : "Ha adottato un gatto ?" 

    Madame Chauchat non si aspettava di dover rispondere a delle domande uscendo di casa. Non parlava mai con nessuno. E se qualcuno le si rivolgeva la parola, non rispondeva. Avvolte avrebbe voluto farlo, ma le parole non uscivano. 

    Anche in quella occasione volle rispondere "si"... ma la sua bocca si mosse senza far uscire alcun suono. Così aprì il bavero del mantello e fece vedere il gattino che stava dormendo al caldo. 

    La Signora Luisella si intenerì subito vedendolo. E da una parte fu rassicurata che quella ragazza così particolare non fosse passata dai noodles precotti al cibo per gatti. 

    Diede una veloce occhiata alle scatolette che ricoprivano il nastro e disse : "Ma cara, questi alimenti sono per gatti adulti ! Questo è per un gatto sterilizzato, e questo per gatti anziani. Vieni ti faccio vedere io quel che va bene per il tuo micino !" Poi si girò verso la sua collega che stava ordinando la merce sulla gondola adiacente alla cassa e le chiese se poteva sostituirla mentre si prendeva una pausa. Questa accettò e prese il suo posto. Rimisero tutte le scatolette nel carrello e le riportarono al loro posto.

    La Signora Luisella, che da quando era nata aveva sempre avuto almeno uno o due gatti che gironzolano per casa, e per ciò si poteva considerare un'esperta, indicò a Madame Chauchat il cibo adatto per i gattini così come un cartone di latte apposito. La invitò anche a prendere una ciotola per l'acqua, una per le crocchette e un piattino per il latte. Le fece prendere una cassetta con la sabbia per i bisogni del micino che non poteva farli su qualche foglio di giornale appoggiato qua o là per casa. Aveva bisogno di un posticino suo riparato dallo sguardo umano. I gatti sono pudici, si sa !

    Madame Chauchat ascoltava attentamente i conigli e le indicazioni della Signora Luisella. E aggiunse al carrello anche qualche giochino e un cuscino morbido dove far riposare il gattino. 

    L'entusiasmo glielo si poteva leggere sul suo volto, e la Signora Luisella non mancò di notarlo. Aveva intuito che dietro le apparenze scontrose e la maleducazione, Madame Chauchat, celava una grande sofferenza e solitudine, e probabilmente non aveva nessuno che la aiutava. Inoltre pensava che tra tutte le persone che vedeva sfilare davanti alla sua cassa, Madame Chauchat era la più innocua, e perciò il suo mutismo e il suo fare non la turbava.

    "E come l'hai chiamato ?" chiese all'improvviso la Signora Luisella mentre si dirigevano alla cassa. Madame Chauchat rimase interdetta. Sbarro gli occhi e per un istante rimase immobile. Era avvenuto tutto così in fretta che non aveva nemmeno avuto il tempo di dargli un nome. Tremava come una foglia. La Signora Luisella le appoggiò una mano sulla spalla e sorrise con la stessa delicatezza di quel gesto affettuoso. Questo riuscì a calmare il tremore di Madame Chauchat che in un sospiro riuscì a rispondere : "Non lo so... ancora non c'ho pensato..."

    "Bene, allora mi farai sapere come lo avrai chiamato la prossima volta !" Ribatté la Signora Luisella allargando un largo sorriso, e diede un'ultima carezza a quel batuffolo morbido che sbucava dal bavero dell'impermeabile. Madame Chauchat, mentre pagò la sua spesa e la infilò in grandi borse di carta, sentì un onda di calore avvolgerla, si girò di scatto e uscì dal supermercato, ancora avvolta dall'amorevole sorriso della Signora Luisella

    Arrivata a casa, sistemò la cassetta con la sabbietta nel tinello, al riparo degli sguardi. Mise il cuscino vicino al divano dove si sdraiava solitamente. E diede finalmente da mangiare al suo nuovo compagno. 

    Rimase lì, sdraiata, il mento appoggiato sulle mani a terra ad osservare quel esserino peloso che mangiava con piacere il cibo che le aveva servito. Sentiva ancora quell'onda di calore, scatenata dal sorriso della Signora Luisella, che continuava a percorrerle tutto il corpo. Qualcosa si stava sciogliendo dentro di lei, e lasciava spazio a nuove emozioni.

    Aveva ragione la Signora Luisella, doveva trovargli un nome ! Ma come può scegliere una mente che fino ad ora è rimasta assopita e riconfortata dall'inattività ?! Non riusciva a pensare... così d'impulso sentì il bisogno di rinfrescarsi la mente con una doccia.

    Non sapeva nemmeno lei quand'era l'ultima volta che aveva varcato la soglia della doccia, che i suoi capelli erano stati lavati e pettinati, e che il suo corpo odorava di pulito. Rimase a lungo sotto il getto d'acqua calda. L'acqua che le scorreva dalla testa ai piedi la stava ripulendo dalla negatività accumulata in quel lungo periodo di solitudine e tristezza. Non era solo una pulizia fisica, era anche mentale e spirituale.

    Mise tutto da lavare, il pijama, l'asciugamano, il tappetino... persino la tenda della doccia. Si vestì con una tuta e una t-shirt pulita. E sentì dopo tanto tempo il piacere di avere abiti freschi addosso. 

    Poi si guardò attorno e vide solo caos : piatti sporchi incrostati da tempo immemore, impilati nel lavello, carte e involucri di cibo sparsi ovunque, due sacchi della spazzatura pieni buttati in un angolo, cuscini macchiati che giacevano sul pavimento. Era come se si fosse destata da un sogno e vedesse per la prima volta l'ambiente nel quale viveva. 

    Di colpo fu assalita dall'ansia. Come aveva potuto lasciarsi andare così ?!

    Si stava facendo sera ormai. Il micino sazio si stava lavando con le tipiche movenze dei gatti : leccava la zampetta che strofinava dietro l'orecchio ripetutamente in un ritmo regolare. Colmo di soddisfazione. Era bello vederlo così. Si rannicchiò e rimase qualche istante a guardare quello scricciolo peloso che sapeva prendersi cura di se. Si guardò di nuovo attorno e decise che era giunto il momento di risanare quel ambiente. Nessuno lo avrebbe fatto al suo posto.

    Per prima cosa aprì tutte le finestre e fece passare una corrente fresca che cambiò in pochi minuti l'odore di tutto l'appartamento. Nel frattempo riempì altri tre sacchi della spazzatura con piante morte, cibo scaduto, involucri vuoti. Scese e risalì più volte per smaltire tutti quei rifiuti accumulati da tempo. I vicini notarono quel via vai e rimasero perplessi.

    Passò l'aspirapolvere. Lavò i bagni. E rigovernò la cucina e tutti i piatti nel lavello. Tolse le tende e le mise nella cesta dei panni sporchi. Cambiò le lenzuola del letto, e le fodere dei cuscini, lavò il divano, e i plaid che giacevano a terra pieni di polvere. Spolverò i mobili e lavò i pavimenti. Tutto questo sotto lo sguardo attento del gatto che sembrava compiaciuto di quel che stava avvenendo

    Madame Chauchat si sentiva investita da una nuova energia, una forza che la spingeva oltre all'impeto di quella vocina che le intimava di lasciare tutto com'era, che tanto era tutto inutile, che il pavimento come il divano erano votati a sporcarsi di nuovo e la polvere a tornare. Che sarebbe stato meglio lasciare tutto com'era abbandonandosi al solito far niente, sul divano, davanti a una qualsiasi serie in TV. La sua forza di volontà si stava risvegliando e dava prova di una grande forza.


Mme Chauchat
 andò avanti per tutta la serata. Era quasi mezzanotte quando iniziò a lavare i vetri. Intanto il gatto si adagiò sul cuscino che Mme Chuachat gli aveva preso, pronto a schiacciare un pisolino. Ancora senza nome.

    Quando ebbe finito di lavare tutti i vetri e riordinare spugne, scope, strofinacci, secchi e catini, Madame Chauchat si sedette finalmente sul divano ad ammirare l'opera compiuta. Era tutto pulito e in ordine. Fuori era buio pesto. Pioveva ancora e le nuvole coprivano la luna. Eppure intuiva una nuova luce entrare in quella dimora. Si girò verso il gattino che dormiva quieto. Affondò la sua mano nel pelo caldo e morbido dell'animaletto e disse : "Monsieur Chopin ! Il tuo nome è Monsieur Chopin !" A quelle parole il gattino alzò la testa aprendo gli occhi assonnati e emise un lieve miagolio, come di consenso. 

    Monsieur Chopin, quel inaspettato esserino, le aveva stravolto la giornata. Madame Chauchat sentiva che non sarebbe finita lì. Grazie a lui aveva capito che c'era ancora speranza, che si poteva tornare a vivere nel mondo, che là fuori non era tutto perduto. Aveva il diritto di voler e volersi bene.

    Giorno dopo giorno Madame Chauchat riprese gusto alla vita. Monsieur Chopin le stava sempre affianco, e la aiutava a relativizzare e vedere il bicchiere mezzo pieno. 

    Riprese a uscire, a parlare con le persone. Come primo passo, andò dalla Signora Luisella per dirle che aveva deciso di chiamarlo Monsieur Chopin

    Intavolarono così una lunga e gradevole conversazione, che passò dai gatti alla musica classica, dalla musica classica alla musica in generale, per concludersi con un appuntamento per un aperitivo in un piano bar lì vicino, dove suonano buona musica e l'ambiente è carino.

    Madame Chauchat riprese a vivere dopo aver toccato il fondo grazie all'inaspettato Monsieur Chopin.

    Madame Chauchat era salva.

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