Questo libro ha un valore particolare per me. Era il libro che leggevo ad alta voce a mia sorella, quando affetta da un tumore al cervello, aveva parzialmente perso la vista.
Non siamo mai riuscite a finirlo. Il cartoncino rigido che fungeva da segnalibro è ancora lì, fermo tra le pagine 382 e 383. Aveva 24 anni e io ero da poche settimane diventata mamma.
Mia sorella non conoscerà mai la fine delle vicende di Hans Castorp nel sanatorio Berghof in cui si era recato per per far visita al cugino Joachim. E per anni, questo classico della letteratura, è rimasto lì, in mezzo a una pila di libri letti o da leggere.
Non osavo riprenderlo. Non riuscivo ad andare avanti. Non potevo avvicinarmi nuovamente a quelle pagine. Come se il semplice atto di aprirlo avrebbe reciso un legame invisibile tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Nonostante ciò, mi ha seguito in tutti i traslochi. Non potevo nemmeno separamene. Era diventato un simbolo sacro di un'unione ormai spezzata tra mia sorella ed io.
E poi, un giorno... ho sconfitto le superstizioni che mi ero costruita e mi ci sono rituffata ! Quel romanzo meritava di essere concluso, io meritavo di conoscere la fine.
Sicuramente sono stata aiutata dalla versione audio che in un certo senso mi ha permesso di non spostare il segnalibro e mantenere quel libro intatto come fosse la reliquia della sua anima. Lo ammetto non tutte le superstizioni sono superate.
Ci sono voluti 15 anni per arrivare all'epilogo di La montagna incantata, sorpassando quelle fatidiche pagine e scoprendo il finale del nostro (mio e di mia sorella) romanzo. Un traguardo che dedico a lei e a me... perché niente può realmente cancellare l'importanza e la bellezza degli anni passati insieme. Tanto meno terminare un libro che era rimasto in sospeso.
Come cambiano le nostre percezioni in 15 anni ! Quelle prime pagine già lette ripercorrendole dopo anni mi si sono rivelate in modo nuovo. Le immagini che mi sono fatta oggi di Hans Castorp sono state completamente dissomiglianti da quelle dell'epoca.
Ma veniamo al romanzo.
"L'uomo non vive soltanto la sua vita personale come individuo, ma - cosciente o incosciente - anche quella della sua epoca e dei suoi contemporanei."
La vicenda si svolge prevalentemente nel sanatorio già citato a Davos in Svizzera, nel periodo della Prima Guerra Mondiale.
Thomas Mann, in questo romanzo monumentale pubblicato nel 1924, tratta numerosi temi che non potrebbero essere più attuali nel periodo storico che stiamo vivendo :
- La malattia, vista più da un punto di vista morale e mentale che dal punto di vista fisico.
- L'amore, che tormenterà in diverse misure il personaggio principale.
- La morte,
- La guerra,
- Il tempo che passa.
Questi temi vengono scorticati nel tentativo di arrivare ad esaurirli attraverso conversazioni che spesso hanno del dibattito, tra i vari personaggi che ha messo in scena Thomas Mann :
- Hans Castorp, il personaggio principale del romanzo dal quale si diramano i vari personaggi legati gli uni agli altri.
- Il cugino Joachim, personaggio per il quale Hans Castorp si reca al sanatorio.
- Madame Chauchat, bellissima dama Russa, di cui Hans cadrà perdutamente innamorato.
- L'Italiano Settembrini, personaggio caratterizzato da una spiccata gioia di vivere e dal razionalismo.
- L'antagonista di Settembrini, Naphta è un gesuita irrazionale e pessimista.
- Mynheer Peeperkorn, magnate Olandese che accompagnerà Madame Chauchat durante il suo ritorno al sanatorio.
E questo libro mi ha dato tanto da riflettere, sul tema della malattia... come un disturbo mentale prima di tutto appunto. Come se la malattia nascesse dalla nostra paura. E Thomas Mann lo dice quasi apertamente nel filo della storia dei suoi personaggi. Quando il dottore e le infermiere del sanatorio senza scrupoli inducono il paziente sano a pensare di essere malato.
Nello srotolarsi del racconto è chiaro, in diversi momenti, quanto una parola possa avere un influenza importante, addirittura nefasta sulla psiche di chi la riceve.
Leggendo questo romanzo ci si fa coinvolgere, le vicende e le riflessioni articolate che Hans Castorp si pone, non possiamo non farcele a nostra volta. Non possiamo rimanere indifferenti.
E come non fare il paragone con i 2 anni appena trascorsi in cui siamo stati assillati, a torto o a ragione, sulla pericolosità di respirare accanto a qualcun altro ?! Quanto la prossimità dell'altro potesse essere fonte di pericolo, risvegliando così la più antica delle paure : quella della morte !
"La morte è una grande potenza. Alla sua presenza ci si leva il cappello e si cammina oscillando in punta di piedi. Essa porta la solenne gorgiera del passato, e in suo onore l'uomo si veste severamente di nero. La ragione le sta dinanzi di sciocca, perché non è che virtù, la morte invece è libertà, leggerezza, assenza di forma e piacere."
Non sto negando l'esistenza della pandemia, non fraintendetemi. Ma è anche chiaro che per due anni abbiamo vissuto in un clima di paura costante.
E questa paura ha per forza avuto un impatto sul modo con cui abbiamo affrontato la pandemia e la malattia. Considerazioni che già all'inizio del secolo scorso Thomas Mann... ma anche il padre della psicanalisi Sigmund Freud avevano sollevato : la malattia ha inizio nella psiche.
Leggendo La montagna incantata non ho potuto evitare di farmi certe domande : come si sarebbe svolta la pandemia se i vari governi e i media avessero, invece di veicolare bollettini di morte giornalieri aumentando l'ansia e la paura generale, invece di rinchiudere la popolazione nelle loro abitazioni aumentando il senso di soffocamento e di estraneità della situazione..., se invece di tutte le misure coercitive e restrittive avessero ammesso la pericolosità della malattia che affliggeva l'umanità intera, divulgando notizie positive come bollettini di guarigioni affiancati da consigli pratici per abbassare il tasso di stress e di ansia ?
È chiaro, con i "se" si potrebbe rifare il mondo. Ma forse avremmo potuto recuperare qualche conoscenza acquisita nel passato... o forse potremmo imparare da questa esperienza a agire meglio qualora dovesse ricapitarci una situazione del genere?!
Perché ora che sembra che ci stiamo lasciando alle spalle la pericolosità del Corona Virus, ancora tante, troppe persone continuano a vivere disagi psichici causati direttamente o indirettamente dai due anni di pandemia. E il mio pensiero va soprattutto alle giovani generazioni, quelle che si sono sentite a giusto titolo defraudate dagli anni di spensieratezza che caratterizzano la loro età.
"...secondo me la gratitudine consiste nel fare buon uso dei doni ricevuti."
Non ho la pretensione di saper portare soluzioni in caso di pandemie. Il ruolo dei capi di governo e delle istituzioni è stato delicato... ma forse potremmo in futuro portare maggiore attenzione sul messaggio veicolato. Come viene trasmesso e percepito.
Tutti questi meccanismi psicologici sono più che noti dai mass media che da decenni hanno imparato come manipolare l'opinione pubblica. Non possono dire "non sapevamo". In un contesto in cui le fragilità umane sono esacerbate, questi ultimi non hanno dato il meglio di loro. E molti dovrebbero farsi un esame di coscienza.
La montagna incantata, ci ricorda che il dibattito di idee è costitutivo del pensiero personale e sociale e pertanto necessario.
"Le opinioni on possono sopravvivere se uno non ha occasione di combattere per esse."
Mentre per due anni abbiamo subito il predominio del pensiero unico, scacciando qualsiasi possibilità di dibattito costruttivo, ci siamo abituati a una certa polarità di pensiero, negandone le incredibili sfumature e ricchezze che ne derivano.
Questo romanzo sottolinea l'importanza di saper ascoltare l'altro, anche (e soprattutto... direi!) quando non siamo d'accordo. Di quanto il nostro interlocutore rappresenti la possibilità di elaborare e formulare un pensiero, che senza non avrebbe ne lo stimolo ne la necessità di sbocciare.
Non si tratta di sapere chi ha ragione. Ma di tenere sempre presente che esistono diversi modi di fare, di dire, di prendersi cura.
E oggi abbiamo un imperativo bisogno di prenderci cura... di noi stessi, degli altri, di fare ritorno alla comunità, riavvicinandoci gli uni agli altri, sia col cuore che con la mente.
Con uno slancio d'affetto... sincero.
"Chi sa se anche da questa mondiale saga della morte, anche dalla febbre maligna che incendia tutt'intorno il cielo piovoso di questa sera, sorgerà un giorno l'amore ?"
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